La
rotta di quest'ultima stagione, non è stata a “Zig – Zag”,
secondo le nostre consolidate abitudini, ma potrebbe essere definita
piuttosto “a cerchio”, nel senso che abbiamo effettuato un lungo
percorso circolare nel West Carribe.
A ben
vedere però, due cambi di rotta in puro stile “Zig – Zag”, vi
sono stati, uno all'inizio del viaggio ed un secondo alla fine.
Lo scopo
dichiarato del viaggio era quello di navigare, partendo dal Rio Dulce
in Guatemala, fino a Panama e quindi all'arcipelago delle Sanblas.
Avrebbe dovuto essere in sostanza il raggiungimento della meta prevista dalla partenza da Pantelleria, ormai otto anni or sono, meta che per i continui cambi d'umore e di rotta, ancora ci sfuggiva.
Avrebbe dovuto essere in sostanza il raggiungimento della meta prevista dalla partenza da Pantelleria, ormai otto anni or sono, meta che per i continui cambi d'umore e di rotta, ancora ci sfuggiva.
Prima
tappa, dopo un breve sosta a Puerto Cortez sulla costa dell'Honduras,
l'isola di Roatan, la maggiore dell'arcipelago de “Las Islas de la
Bahia”.
Appartenente geograficamente all'Honduras, ma con una cultura molto differente, dovuta al forte insediamento di popolazioni “Garifuna”.
Appartenente geograficamente all'Honduras, ma con una cultura molto differente, dovuta al forte insediamento di popolazioni “Garifuna”.
Della
bella isola di Roatan ho già parlato, in questo stesso blog, nel
post:
“Sulle tracce di Henry Morgan”,
ma vi sarebbe, senza alcun dubbio molto altro d'aggiungere.
Roatan - ancoraggio a Francis kays sula costa Sud |
Roatan - la costa Nord |
A
Roatan, ci siamo fermati più di quanto, vista la stagione, fosse
giusto anche perché attardati dalla completa morte della nostra
cucina a gas, e quindi dalla lunga attesa per riceverne una nuova
comperata negli Stati Uniti.
Eravamo
ormai nel mese di Marzo, e l'aliseo da Est-Nordest, soffiava ogni
giorno ad almeno venti nodi, per rinforzare ancora nella notte;
doppiare il Capo de Dios ( la punta più orientale dell'Honduras) con
rotta completamente contro vento, e un'onda ripida, alta e corta, non
era impresa semplice, tanto che le barche in attesa di partire, da
Francis Kay dove eravamo ancorati, aumentavano di giorno in giorno.
Fedeli
anche al principio che enuncia:
- se vai di bolina vuol dire che ti sei sbagliato di rotta -
Abbiamo
pensato allora: “perché non tornare a Cuba, passando per il
Messico, e da li scendere a Panama con il vento al traverso?”,
tanto più che sia Silvia che io desideravamo molto rivedere i nostri
amici cubani, ed io in particolare avevo anche quasi finito la mia
scorta di “puros”, quale occasione migliore di una capatina nella
grande isola caraibica per rifornire la scorta?
una parte della mia scorta di sigari.... |
Cosi con
una veloce navigazione, anche favorita dalla “Goulf Streem”
abbiamo coperto le trecento miglia che ci separavano da Puerto
Morelos nello Yucatan in Messico. La prima parte di navigazione è
stata più di bolina di quanto prevedessi e di quanto mi piaccia, ma
il vento ha progressivamente girato più a Est con un piacevole
incremento sia della velocità che del comfort a bordo!
Sosta,
purtroppo breve a Puerto Morelos per approfittare di una rara e
favorevole finestra per il passaggio dello stretto dello Yucatan,
sono solo poco meno di settanta miglia, ma con vento contrario alla
forte corrente possono diventare difficilissime.
La
velocità della corrente, in particolare nella prima metà è stata
impressionante, basti pensare che con prua bussola di 120° avevamo
una rotta vera di 77°.
Come mi
disse una volta un amico messicano:
-“E'
come un fiume impetuoso”-
Fino a
non averlo sperimentato di persona avevo sempre pensato che in
questa affermazione vi fosse una buona dose d'esagerazione!
Tramonto nello stretto dello Yucatan |
Se mai
avevamo pensato d'evitarci un duro bordeggio scegliendo questa rotta,
ci eravamo clamorosamente ingannati, infatti, dopo aver doppiato,
stando molto al largo il Capo S. Antonio (la punta più orientale
dell'isola di Cuba), il vento che fino ad allora aveva soffiato con
moderazione da Nordest ha iniziato a rinforzare ed a girare ad Est,
in conclusione un giorno ed una notte d'estenuanti bordi con trenta
nodi di vento, fino a riparaci finalmente all'interno dei cayos che
delimitano il mare interno in cui si trova l'isla de la Juventude,
trecentoventi miglia percorse da Puerto Morelos, in luogo delle
duecento che avrebbero dovuto essere con la rotta diretta!
L'isola de la Juventude, a Cuba |
Silvia guarda perplessa una sua preda, finiremo per non onorarla per tema della "ciguattera" |
Dall'isla
della Juventude, sempre per riparate acque interne tra bassi canali e
cayos sparsi siamo finalmente arrivati a Cayo Largo (ingresso sempre
da mozzare il fiato per la bellezza), e quindi con una navigazione
incredibilmente piacevole, dopo tante sofferenze, la meta finale a
Cuba: Cienfuegos.
Cienfuegos, Cuba. Il signore si gusta un ottimo "puros sociale" |
Del
soggiorno Cubano e delle impressioni ricevute dopo un anno d'assenza,
scriverò più diffusamente in un prossimo post, qui dico solo che a
Cienfuegos ci siamo sentiti subito come tornati a casa, ed anche per
questa ragione abbiamo indugiato troppo tra feste con amici italiani
residenti ed amici cubani, re incontri con altri naviganti che non
vedevamo da anni, fatto sta che quando al fine ci siamo decisi a
“schiodarci” la stagione era ormai troppo avanzata ed i venti
iniziavano a ruotare sempre più a Sudest.
A Gran
Cayman abbiamo anche preso la prima grossa depressione tropicale
della stagione con forti venti da Sudovest e piogge torrenziali.
La
grande rada di George Town, che i locali chiamano impropriamente
porto, è completamente esposta ai venti da Sud-Sudovest,
all'approssimarsi della perturbazione il “Port security” ci ha
avvertiti di tenerci pronti a sganciarsi ed a prendere il largo.
Noi lo
eravamo già, e abbiamo deciso di farlo prima d'attendere l'ordine
ufficiale, per approfittare ancora di alcune ore di luce, e
nonostante avessimo anticipato siamo stati costretti a tagliare le
cime che ci legavano alla boa (nel “porto” vi era armai più di
un metro e mezzo d'onda).
L'isola
ha solo un breve tratto di costa Nord, lungo poco più di tre miglia,
ridossato dai venti meridionali, in questo stretto fazzoletto di mare
abbiamo passato un'intera notte (ai tropici le notti sono lunghe come
il giorno) a tirare bordi con la sola trinchetta, sotto rovesci di
pioggia impressionanti e raffiche che a volte superavano largamente i
quaranta nodi.
Avevo
anche provato a mettermi alla cappa, ma in questo modo derivavamo
ineluttabilmente verso il largo, perdendo il ridosso dell'isola, che
essendo piatta, proteggeva solo dalle onde.
La
mattina seguente eravamo entrambi esausti e bagnanti come dei
pulcini, non era certo possibile proseguire in questo modo dovevamo
assolutamente trovare il modo di fermarci.
Alle
Gran Cayman è tassativamente proibito ancorarsi, per non danneggiare
il corallo, pena una multa da decine di migliaia di euro.
Io avevo
individuato una zona riparata dove sarebbe stato possibile dare
fondo, e dove avevamo visto anche alcune boe, ma non osavamo farlo
senza autorizzazione.
Abbiamo
quindi chiamato il Port Security, che ci rispose di non
rientrare in porto, ma ci autorizzò a prendere una delle boe che
erano riservate ai diving, e che date le condizioni meteo
erano libere.
Siamo
restati tre giorni interi su quella boa, aspettando che le condizioni
migliorassero per ricevere l'autorizzazione a rientrare nel cosi
detto porto.
Le
previsioni per i prossimi giorni davano sempre venti sostenuti da
Sud-Est, quindi non particolarmente favorevoli per scendere verso
Panama, e per di più il tempo a nostra disposizione stava scadendo;
per la metà di giugno avremmo dovuto essere in Italia, ed essendo
ormai alla fine di Maggio non avevamo il tempo per attendere una
finestra più favole.
Ci
rimanevano unicamente due soluzioni: o ritornare sul Rio Dulce o
andare in un marina sulla costa dell'Honduras a La Ceiba.
Per
diversi motivi non avevo nessuna intenzione di tornare sul Rio Dulce,
e poi preferivo anche conoscere un posto nuovo.
Da Gran
Cayman a La Ceiba sono state trecentosettanta miglia con vento
sostenuto tra il traverso e la bolina larga che nella parte finale ci
ha costretti a navigare con solo tre mani di terzaroli e la
trinchetta.
Alaggio del Jonathan a La Ceiba, con guardia armata! |
Quando dico che il cantiere de La Ceiba è un poco rustico! |
Del
marina di La Ceiba, gestito da due simpatici fuoriusciti cubani, un
poco rustico, ma efficiente, avrò modo di scrivere di più in
seguito.
Ora in
Italia ci aspettano quattro mesi di vita terricola, utili per far
sedimentare le esperienze di questa stagione di navigazione e
prepararsi alla prossima.
I primi
giorni italiani gli ho utilmente impiegati alle ultime correzioni e
revisioni del mio libro “Il Portolano Raccontato da Luigi Ottogalli – fuga da Buenos Aires a Trinidad” che uscirà nel mese di Luglio
per i tipi de Il Frangente.
Insomma
appena tornato al lavoro!!