mercoledì 27 maggio 2015

Barche da diporto o navi stellari?


Quante barche in giro per il mondo!
Il numero di barche a vela da diporto che solca i diversi oceani e mari del mondo è in costante  aumento, infatti,  sembra quasi che giunti a una certa età, ossia quella della pensione, divenga per molti diportisti e naviganti, una necessità quasi imprescindibile lasciare le note acque di casa per lanciarsi in avventure esotiche. 
Tutto ciò in se è di certo una cosa buona; il desiderio di solcare mari lontani, di conoscere nuovi luoghi e genti differenti è stato, infatti, uno dei motori che hanno spinto i grandi esploratori del passato in avventure senza le quali la conoscenza del mondo non sarebbe progredita.
I loro moderni emuli di certo non hanno però più nulla da scoprire, tutto ormai è già noto ed esplorato, ma questo non blocca il desiderio di visitare luoghi diversi da quelli abituali, ogni nuovo approdo rappresenterà sempre per ciascuno un emozionante scoperta, che rimarrà però, circoscritta al proprio ambito personale.
Succede così che per cercare d'avvicinarsi il più possibile alla sensazione di una genuina primizia, molti navigatori decidono di recarsi in qui luoghi che immaginano ancora naturali e capaci di restituire l'immagine di un effettiva scoperta.
Purtroppo i luoghi di questo tipo sono ormai divenuti molto rari, poiché molti, che apparentemente sembrerebbero essere ancora un paradiso naturale, sono in realtà già stati contaminati dall'invasione turistica, si sono massificati e sono divenuti praticamente eguali a tanti altri loro simili sparsi in diversi angoli del globo.
Nel bacino Caraibico un esempio tipico è tutta la catena delle Piccole Antille, per intenderci le isole che vanno da Trinidad a sud alle Virgin Island a nord; che si sono ormai trasformate in un unico grande villaggio turistico, in una sorta di Disneyland del colore tropicale in cui illudersi di poter ricercare il “buon selvaggio”.


Grande ulu a puerto Escosese - Sanblas

L'arcipelago delle Sanblas e il Rio Dulce.
Nel bacino Caraibico, che è divenuto molto più vicino di quanto non lo fosse alcuni decenni fa, si possono trovare ancora alcune localizzazioni rimaste leggermente a margine dall'invasione turistica, come l'arcipelago delle Sanblas, dove l'etnia Kuna cerca gelosamente di custodire la propria  cultura e identità difendendola, appunto, dall'invasione della modernità; altre, ma ormai già molto più contaminiate sono le Islas de la Bahia dell'Honduras, la breve costa del Belize e il Rio Dulce in Guatemala, quest'ultimo in particolare conserva alcuni aspetti di una discreta originalità. 
Questi posti stanno divenendo sempre di più affollati, e la relativa vicinanza al Nordamerica facilità l'invasione di numerosi naviganti provenienti da queste regioni, naviganti che nella maggior parte dei casi non hanno intrapreso lunghe e impegnative traversate atlantiche, ma vi sono arrivati percorrendo rotte relativamente facili e battute; il  GPS e i moderni aiuti meccanici alle manovre hanno, infatti, ormai reso possibile la navigazione praticamente a chiunque.
Ci si deve, però domandare che impatto abbiano le ormai centinaia di barche che annualmente approdano tra le isole della Comarca Kuna Yala, o che risalgono il sinuoso corso del Rio Dulce in Guatemala per entrare nel cuore di quello che resta dell'etnia Maya, e mi riferisco principalmente a queste due regioni, sia perché ho avuto modo di conoscerne bene e approfondirne la realtà, sia perché sono quelle che stanno subendo in modo maggiore, e più pericoloso, l'aggressione da parte degli alieni che discendono in queste terre sulle loro "navi stellari a vela".

Sloop di pescatori del Belize e nave stellare
Non a caso ho usato il termine navi stellari a vela per indicare le comuni barche da diporto, infatti, per un semplice pescatore Kuna che si sposta con il suo primitivo ulu (piccola canoa ricavata da un tronco d'albero), e vive in una capanna con pareti fatte di pali di bambù, una barca  è quello che per noi sarebbe una nave stellare che atterrasse nel nostro cortile di casa, e noi gli appariamo come creature aliene, esattamente come sembrerebbero a noi le creature che sbarcassero dall'astronave!


Piccolo ulu a vela Lemmon kay - Sanblas
È raro che si possa stabilire una profonda corrente di comprensione tra chi sbarca dall'astronave e il pescatore Kuna, o quello Maya che vive sulle sponde della Lagua Duarte sul Rio Dulce; i contatti tra noi “alieni” e le popolazioni locali, finiranno quasi sempre per limitarsi a qualche scambio di battute per concludere a una semplice transazione commerciale, l'acquisto di un pesce alle Sanblas o di una tortilla sul Rio Dulce, troppo distanti sono, infatti, i rispettivi modi di pensare, e il contatto non viene facilitato dal fatto che i naviganti-diportisti se ne stiano isolati sulle loro astronavi, quasi fossero in una fortezza rispetto alle fragili canoe dei nativi.
Si contano ormai a centinaia le barche a vela che ogni anno navigano in queste acque, e in molti casi, come accade sul Rio Dulce, non si limitano a un breve passaggio stagionale, ma si trasformano in stanziali e si fermano tutto l'anno, e questa massiccia presenza non può che avere importanti conseguenze sull'ambiente e sulla cultura locali.
Alle Sanblas, si vedono, ad esempio ogni anno sempre meno ulu a vela e sempre più spesso grandi canoe spinte da potenti motori fuori bordo, imbarcazioni che invece di servire per la pesca o per spostarsi tra un isola e l'altra, sono impiegate per portare turisti agli improvvisati resort che stanno vieppiù sorgendo su diverse piccole isole.

Grande canoa a motore isla de los Pinos - Sanblas
Il contatto con il mondo moderno, di cui il popolo dei naviganti è stato il pioniere e ancora ne rappresenta la parte numericamente maggiore e a più forte impatto  - i naviganti si fermano, infatti, sempre molto più a lungo dei turisti terricoli, sta di fatto lentamente e inesorabilmente modificando i comportamenti delle popolazioni locali. 


Acquisto di frutta, Lagua Duarte - Rio Dulce
I giovani sono naturalmente più soggetti a subire gli effetti del cambiamento, rispetto agli anziani, che tendono per natura tendono a essere conservatori e a voler rimanere fedeli alle loro millenarie tradizioni; i giovani invece si fanno più facilmente sedurre dalle mirabolanti novità che vedono a bordo delle navi stellari a vela, tutte cose distanti dalla loro cultura e per la loro economia quasi sempre irraggiungibili.
Sul Rio Dulce la situazione è già molto più compromessa, anni di presenza massiccia di barche da diporto hanno, infatti, quasi cancellato la genuinità della cultura locale della popolazione Maya, almeno per quella parte che lasciati i lavori agricoli, loro tradizionale occupazione, si è trasferita sulle rive del Rio Dulce e del lago Izabal, vivendo quindi a più stretto contatto con gli stranieri. 
I rapporti tra “alieni” e locali qui sono resi più facili dal fatto che tutti i Maya parlano la lingua spagnola, mentre tra i Kuna sono solo i maschi a farlo e poco, ma la maggiore facilità di contatto contribuisce di più alla contaminazione e all'assunzione, da parte dei locali, di astuti comportamenti tesi a sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla presenza di tanti ricchi turisti.

Rifiuti e relitti.
Un altro aspetto non trascurabile degli effetti provocati dalla massiccia presenza di barche a vela è l'impatto ambientale, infatti, tante barche significano molte persone con abitudini di vita consumistiche, che per quanto gli equipaggi cerchino spesso di limitarle, sono enormemente più significative di quelle dei locali.
Ogni barca produce una quantità di rifiuti non degradabili, enormemente maggiore di quanto non facciano i più parchi consumi delle popolazioni locali, e questo si traduce in grandi quantitativi di rifiuti difficilmente smaltibili, sul Rio Dulce, una grande lancia passa in tutti i marina a raccogliere i rifiuti, in questo modo tutti hanno la coscienza tranquilla e non pensano più a che fine faranno i loro rifiuti; peccato che poi questi vengano bruciati in una località della costa della baia di Amatique, producendo densi nuvoloni carichi di diossina!
Alle Sanblas, gli accorti naviganti cercano di disperdere in mare  o di bruciare tutto quello che è degradabile, conservando il resto: bottiglie di plastica, lattine d'alluminio, scatolette in ferro, ecc..., per scaricarlo poi su una delle isole maggiori, ma anche in questo caso non di certo questi rifiuti faranno una fine ecologica!


Relitti alle Sanblas
Il problema diventa molto più pesante, quando alcuni diportisti si “dimenticano” qualche nave spaziale a vela arenata su una spiaggia o incagliata in un reef; relitti che non verranno mai recuperati, e il nudo guscio di vetroresina, dopo essere stato spogliato dai Kuna di qualsiasi cosa utile, rimarrà per un tempo infinito a inquinare il luogo.
Con tutto questo non voglio certo dire che non si debba più navigare per raggiungere isole apparentemente incantate, chi lo fa deve però avere la consapevolezza che ogni suo arrivo aggiungerà un piccolo tassello all'inevitabile cambiamento sia delle abitudini di chi le vive, sia del paesaggio fisico.