domenica 18 settembre 2011

Quanto è difficile vivere in barca?

Uno stile di vita semplice: quello di Scirley.

Sono molti i velisti che accarezzano il sogno nel cassetto di trasferirsi a vivere in barca e fare un cambio radicale stile di stile di vita.
I motivi possono essere diversi, mettendo naturalmente al primo posto sempre la passione per il mare, la vela e la navigazione, altrimenti si potrebbe benissimo pensare, come ad esempio per gli appassionati di equitazione, campagna e vita all'aria aperta, d'andare a vivere su di un carro trainato da cavalli, o in una baita d'alta montagna.
Uno dei principali motivi di fascino di queste scelte è probabilmente quello d'avvicinarsi ad un modo di vivere più essenziale, sfrondandolo tutte quelle cose e quei condizionamenti che appesantiscono la vita cosi detta “civile”.
Cambiare radicalmente stile di vita non è però cosa semplice, e neppure alla portata di tutti, gli impedimenti ed i vincoli sono molteplici e d'analisi piuttosto complessa, ne accenno solo i principali:
  1. Il lavoro e conseguentemente il lato economico.
  2. La famiglia, e più in generale gli affetti.
  3. Le consuetudini di vita che verranno totalmente stravolte.
Non voglio qui analizzarli compiutamente e neppure tentare di dare una risposta, anche perché non ho, come credo anche che nessuno abbia, ricette preconfezionate per rispondere a tali quesiti.
Sui Forum di vela e più in generale sul Web, vi sono costantemente interventi attorno a questo argomento che evidenziano la molteplicità dei problemi e la difficoltà a trovare risposte soddisfacenti.
Mi limito ad alcune considerazioni di base su questi tre punti:

Il lavoro e l'aspetto economico:

E' chiaro per tutti che per vivere in barca, sia in modo stanziale o semi-stanziale (quasi sempre ormeggiati in un marina e con un area di navigazione geograficamente limitata) o itinerante cambiando in continuazione l'area di navigazione (Giro del mondo o in Giro per il mondo, che non sono la medesima cosa!), occorra del danaro che può essere poco o molto, secondo lo stile di vita e di navigazione scelto, come anche già scritto in questo stesso blog alla pagina “Per i sognatori”.
Come procurarsi questo denaro, non è il fine di quest'articolo, anche perché alla fine dipende dalle possibilità, dal bak-ground socio-economico e dall'inventiva di ciascuno.

La famiglia, e più in generale gli affetti:

Anche in questo caso i condizionamenti che derivano dalla famiglia possono essere molto differenti, infatti, diversa è la situazione di una persona giovane o di una coppia ancora senza figli, rispetto a quella di una coppia di quarantenni con figli e genitori anziani, o ancora di una coppia di pensionati (che poi rappresentano la maggioranza tra coloro che fanno queste scelte) che hanno figli ormai grandi, ma hanno anche nipoti!
Recentemente parlavo con una signora che pur condividendo pienamente la passione del marito per il mare e la vita in barca, mi diceva d'essere piuttosto reticente ad accettare la proposta del consorte di passare almeno sei mesi l'anno in barca - le occupazioni d'entrambi lo permetterebbero - sopratutto per la mancanza di un continuo contatto con la figlia e con i, non ancora nati, nipoti.
Nei miei numerosi incontri ho constatato che le maggiori difficoltà, in questo senso, sono sempre appannaggio del genere femminile, i maschi, per loro natura, sono più propensi a allentare questi rapporti, non tanto dal punto di vista affettivo, ma quanto da quello dello spazio e del tempo.
Alcune foto dei nipoti e figli appese in quadrato e qualche contatto in video-conferenza tramite Skype, sono per gli uomini, spesso sufficienti, mentre lo sono molto meno per le mamme o ancor peggio per le nonne!

Le consuetudini di vita che verranno totalmente stravolte:

Questa potrebbe a prima vista sembrare una considerazione superflua, se si è scelto questo stile di vita è proprio perché ci si vorrebbe liberare da una serie di condizionamenti e di inutili appesantimenti, ma non è sempre cosi ovvio.
Ho incontrato diverse coppie che, partite piene d'entusiasmo e d'aspettative per il loro nuovo modo di vivere, hanno dopo non molto tempo rinunciato perché incapaci di trovare un equilibrio, nel nuovo “menage” che prevede una vita in comune 24 ore su 24, mentre prima si vedevano rapidamente solo alla sera quando entrambi rientravano dalle loro rispettive occupazioni, spesso vissute come stressanti ma anche fonte di soddisfazione e realizzazione personale.
La mancanza di tutte le “comodità” della vita terricola (cinema, televisione, super-market a portata di mano, lavatrici, elettrodomestici, automobili, hobby e chi più ne ha più ne metta...) da cui apparentemente si voleva sfuggire, divengono spesso, insopportabili.
Questi motivi, solo in apparenza banali e prosaici, provocano più abbandoni, tra i naviganti, delle burrasche e delle inevitabili e fastidiose avarie!

Il mio primo periodo di vita in barca si svolse dal 1985 al 1990, poi dopo tredici anni di vita sulla piccola isola di Pantelleria (quasi una barca ferma in mezzo al mare!) ripartii nel 2003 per il viaggio tutt'ora in corso.
Quando stavo progettando il nuovo viaggio, Tierry, un navigante francese che sostava allora nel precario porto dell'isola, mi mise in guardia dicendomi:
- “Guarda che rimarrai deluso, le condizioni sono molto differenti da quelle che ti ricordi tu!” -
Certo questa non poteva essere un'affermazione che potesse fermarmi, ma nel corso del viaggio ho spesso pensato alle parole di Tierry, ed ora più che mai non posso che dargli ragione e sottolineare le sue parole.
Potrebbe sembrare paradossale, ma vivere in barca trent'anni fa era molto più semplice che ora!
Oggi la navigazione è indubbiamente più semplice, aiuti elettronici, materiali più sofisticati e tecnologici, hanno spazzato via molte delle difficoltà e delle fatiche che affliggevano il navigatore di trent'anni prima.
La relativa facilità di connettersi ad internet ha poi quasi annullato l'isolamento che un tempo era la conseguenza inevitabile di questo stile di vita.
I servizi che si trovano oggi giorno in quasi tutte le parti del mondo, sono enormemente migliorati, quasi ovunque è possibile trovare Marina ben attrezzati, cantieri dove fare buone ed importanti riparazioni e manutenzioni e luoghi ove fare complete e soddisfacenti cambuse.
I collegamenti aerei per i necessari rientri “a casa” sono divenuti più capillari, efficienti ed economici.
Tutto questo dovrebbe far pensare che oggi, sia più facile vivere in barca.
Vi è però un non indifferente rovescio della medaglia: il grande aumento delle barche che frequentano gli angoli più disparati del mondo, ha stimolato un logico aumento dei servizi a loro offerti, ma anche un conseguente innalzamento dei costi.
Le pratiche e le formalità d'ingresso in molti paesi, ed in particolare in quelli del cosi detto “terzo mondo”, sono divenute sempre più complesse e costose, quasi in modo direttamente proporzionale al numero delle barche che gli visitano.
I contatti con le popolazioni dei diversi paesi divengono ogni giorno meno spontanei, più persone passano più ciascuno diviene anonimo e si confonde nella massa, minore è l'interesse dei “locali” verso la cultura del “visitatore” e maggiore quello verso il suo portafoglio, o meglio, carta di credito!
Non ultimo è peggiorato di molto il livello della sicurezza. il grande divario tra l'apparente ricchezza di chi vive in barca, e la reale povertà delle popolazioni di molti paesi in cui il navigante si reca, determinano sovente frequenti atti di ruberie, violenze e veri e propri assalti pirateschi!
Con tutto questo non voglio dire che oggi queste scelte di vita non siano percorribili, e non offrano interessanti spunti di vita, ma bisogna aver ben presente le difficoltà e sapere che se è vero che esiste lo “stress” della vita civile e terricola, ne esiste anche uno per la vita barcaiola e navigante.
Un utile approfondimento agli aspetti più pratici del "vivere in barca". può essere trovato qui:
http://www.lafilibusta.com/index.php?mod=page&pageId=63


giovedì 8 settembre 2011

Mediterraneo, perché lasciarlo?






Uscire dal Mediterraneo è spesso il sogno di molti navigatori, appunto “mediterranei”.
Questa è quasi un esigenza insita in tutti coloro che amano la navigazione e sono spinti dal forte desiderio di correre su mari più estesi, e perché no, di confrontarsi con situazioni più impegnative. 
Si potrebbe dire anche d'esplorare zone incognite, anche se oggi, nel mondo, “d'incognito” non è rimasto praticamente nulla! 
Il desiderio di varcare le fatidiche “Colonne d'Ercole” è legittimamente radicato in tutti i velisti: da quelli che solcano le tranquille acque di un lago a bordo di una modesta deriva, e che mai potrebbero pensare d'avventurarsi in lunghe navigazioni, ai possessori di barche più grandi che in effetti permetterebbero loro di lasciarsi alle spalle le acque del “Grande Stagno”. 
Vi sono diversi modi di realizzare quest'impresa.  
Il più comune è quello che i francesi chiamano “tour de l'atlantique nord”, che consiste nel fare una traversata sulle rotta degli alisei, raggiungere le Antille, per poi rientrare in Europa, o nel Mediterraneo, percorrendo la rotta che passa per le Azzorre, molto spesso questo programma è realizzato nell'arco di pochi mesi: partenza tra Novembre e Dicembre e rientro tra Maggio e Giugno.  
Diverso è il caso di chi esce dal Mediterraneo con l'intenzione di rientrarvi solo dopo diversi anni.  
Anche questi si suddividono in ulteriori differenti categorie: vi sono quelli che partono con il preciso programma di fare l'intero giro del mondo, in un periodo più o meno lungo, altri pensano di trasferirsi in una zona climaticamente favorevole e di restarvi a tempo non definito, altri ancora escono senza un preciso programma, non fanno il “giro del mondo”, ma “girano per il mondo” a tempo generalmente indeterminato. (è questa la categoria a cui appartengo io, e che ho descritto nel libro: Rotta a Zig-Zag). 
Negli ultimi tempi ho spesso letto, o ascoltato, velisti alle prime armi, che pensano di lasciare subito le acque di casa e spesso intendono farlo con barche di grandi dimensioni, ritenendole più confortevoli e sicure di una di dimensioni più modeste. 
E' questa una soluzione certamente possibile, anche se lasciare il Mediterraneo, senza prima averlo ben conosciuto comporterà poi una mancanza difficilmente colmabile. 
Il Mediterraneo, che dal punto di vista della storia, della cultura, delle bellezze naturali, è uno dei mari più belli del mondo, offre ancora al navigatore moderno numerose possibilità d'esplorare e conoscere angoli di mondo bellissimi, e di confrontarsi con situazioni di navigazione differenti tra di loro e spesso anche impegnative. 
Mi è capitato sovente d'incontrare, specialmente in Brasile ed in Argentina, velisti il cui sogno segreto era appunto quello di riuscire finalmente a navigare in Mediterraneo!
 Credo, quindi, che vada benissimo anelare ai vasti oceani e prepararsi per percorrerli, ma non prima d' aver assaporato a fondo il “nostro mare”.