sabato 10 settembre 2016

DAL PAMPERO AGLI ALISEI

È ora disponibile, fresco di stampa, il mio ultimo libro pubblicato da il Frangente, la presentazione ufficiale avverrà giovedì 22 Settembre al Salone di Genova presso lo stand de il Frangente al Padiglione B superiore allo stand L10-M11. 
la sinossi e altre informazioni sul libro le trovate:

giovedì 8 settembre 2016

SCRITTORI DI STORIE DI MARE




E' scontato affermare che per l'Italia, il mare, ha sempre rappresentato un elemento molto importante, ma durante tutta la nostra storia il mare è sempre stato visto sempre come un elemento di utilità e di sostentamento: nel mare si pescava e sul mare si commerciava. Il mare, spesso, poteva divenire burrascoso e impedire la pesca, il commercio e spesso poteva arrecare gravi danni alle persone e alle cose.... per leggere tutto: 

martedì 30 agosto 2016

STORIE DI MARE E ALTRO


Tempo fa chiusi la mia Pagina di Fb, perché annoiato dalle continue richieste, da parte di Fb, di fare annunci pubblicitari a pagamento per promuovere la mia Pagina. Questo, però è il loro lavoro, basta ignorarli e andare per la propria strada, con la consapevolezza, però, che la Pagina se non sponsorizzata resterà sempre indietro nelle posizioni di ricerca.
Avendo deciso d'accettare queste limitazioni ho aperto una nuova pagina a sfondo culturale, eccola qua:


"Ho deciso di riaprire una pagina di FB, con un taglio totalmente differente.. Questa pagina vuole essere un luogo per condividere storie di mare e di viaggi, pubblicherò miei racconti editi e inediti, recensioni, post della vecchia pagina, ma tutti potranno pubblicare i loro racconti o link a proprie pubblicazioni, purché attinenti, non volgari, offensivi, pornografici, di propaganda politica e altro.
Importante è far crescere la pagina è diffondere la lettura e conoscenza di storie e racconti con sfondo il mare"


mercoledì 24 agosto 2016

SITO WEB RINNOVATO, UNA PICCOLA IMPRESA!


I siti web dovrebbero essere sempre rinnovati, in realtà io non avevo nessuna intenzione di farlo, quello che c'era prima faceva il suo lavoro e poteva anche restarte così com'era. Solo che, dopo una lunga resistenza mi decisi a aggiornare il mio iMac alla nuova versione "El Capitan" , io ero rimasto a "Mountain Lions" che per me funzionava benissimo (sono refrattario agli aggiornamenti dei sistemi operativi, sempre qualcosa va peggio di prima...), ma aspettando troppo avrei corso il rischio di non poter ricevere più l'aggiornamento.



Per farla breve nel nuovo sistema operativo iWeb, il programma semplice e intuitivo di Mac per creare siti internet non sarebbe stato più presente, quindi mi sono ingegnato di trovare un programma simile per poter tenere aggiornato il mio sito. Trovai EverWeb, naturalmente a pagamento, ma si poteva utilizzare la versione demo fino alla pubblicazione del sito, allora si bisognava pagarla!
A quel punto decisi di fare un sito nuovo, dovendo anche imparare a usare il nuovo programma, che però era abbastanza simile al precedente, solo quando avevo faticosamente quasi finito, m'accorsi che sul mio iMac iWeb c'era ancora e funzionava!
Direte, "Potevi farlo prima..." in realtà avevo aggiornato prima il Macbook e li il programma non c'era; poiché iWeb funzionava e era gratuito mi misi a rifare tutto da capo, con il vantaggio che sull'altro programma avevo appreso dei trucchi, presenti anche su iWeb, ma che io non avevo mai visto, e tra un attacco di rinite allergica e la scrittura del mio nuovo libro sono al fine riuscito nell'impresa e questo è il risultato!

venerdì 22 luglio 2016

CAYMAN, SOLO UN PARADISO FISCALE?

Quando si dice Cayman, il pensiero corre subito ai paradisi fiscali, alle ambigue società “Off Shore”, ai conti miliardari; di sicuro tutto ciò è vero e la lucrosa attività finanziaria rappresenta la maggiore entrata del piccolo arcipelago.
Non intendo però parlare delle Isole Cayman sotto questo profilo, argomento su cui, tra l'altro non sono per nulla ferrato, bensì sotto quello della loro storia e della navigazione.
Inutile dire che le isole furono scoperte dall'immancabile Cristoforo Colombo che le avvistò, nell'aprile del 1503 (quarto e ultimo viaggio) senza però sbarcare ed esplorarle, in ogni caso le chiamò Tortugas, per via delle numerose testuggini marine che popolavano le loro acque, il nome venne poi mutato in Cayman, poiché se in mare vi erano tante tartarughe, la terra ferma era dominio incontrastato dei caimani.

Le tre isole restarono di fatto disabitate fino al 1661 quando furono colonizzate dai soldati di Oliver Cromwell che avevano appena conquistato la Jamaica sconfiggendo gli spagnoli e ponendo da questo momento in poi le isole stabilmente sotto il domino della Corona britannica.

La posizione baricentrica nel Carribe occidentale dell'arcipelago ne favori, già da prima della colonizzazione, l'uso come rifugio da parte di flotte piratesche e corsare; tra i primi a passarvi fu Sir Francis Drake, non mancarono corsari spagnoli, francesi e l'immancabile Morgan, spesso ritratto in effigie per le vie di George Town.

Per difendere il principale ridosso dell'isola maggiore, Gran Cayman, gli inglesi costruirono il forte St. George, attorno a cui si sviluppò l'insediamento dell'attuale città di George Town . Del forte ora resta solo un moncone di un diruto bastione da cui alcuni cannoni guardano minacciosamente l'antistante rada; non più popolata da vascelli e galeoni, bensì da imponenti navi da crociera, tra le quali s'aggira, a memoria di un passato che non è più, un falso galeone ora gremito d'allegri turisti.

Prima che le isole divenissero un “paradiso fiscale” l'economia delle Cayman fu principalmente basata sulla pesca e sul commercio per mare, con veloci golette costruite sulla Gran Cayman, le rotte raggiungevano i porti più disparati: da Bocas del Toro a Providencia a Sant André e alle isole della Bahia nell'Honduras. L'attuale popolazione dell'isola di Guanaja – la più orientale delle Isole della Bahia, - è per esempio, in gran parte costituita da gente proveniente dalle Cayman.
Sorge spontanea la domanda di come da marinai e pescatori gli abitanti delle Cayman si siano trasformati in raffinati finanzieri; al proposito circola una storia, senza evidenza storica, che racconta di come alla fine del millesettecento una flotta britannica fece naufragio sull'isola e di come tutti i membri dell'equipaggio furono salvati dalla popolazione, tra questi vi era anche un membro della casa reale. Così per riconoscenza le isole ottennero l'esenzione dal servizio militare e dal pagare le tasse alla Corona, e questo è un fatto storicamente accertato che favorì l'attuale vocazione finanziaria.
Nell'attuale realtà Gran Cayman ha perso tutti i connotati di borgo marinaresco e assunto la veste di una moderna città con palazzi rutilanti di vetri e lucenti acciai, sedi di banche d'affari.
Alla veste finanziaria se ne accosta anche una turistica, fatta di numerosi negozi Duty Free che vendono prevalentemente liquori, abiti griffati, orologi di lusso e diamanti, alla variegata clientela di migliaia di turisti che ogni giorno vengono vomitati dalle grandi navi da crociera, fino a sei contemporaneamente, ancorate in rada. Tra i turisti coloro che non sono interessati allo shopping selvaggio, sono indirizzati a visite guidate dei fondali corallini presenti anche nella rada di George Town o a scorazzanti escursioni su spruzzanti moto d'acqua che seguono, come docili paperottole, l'aitante guida di colore!


Con tutto questo sembrerebbe che una visita a queste isole da parte di un avventuroso diportista che incroci nelle agitate acque del West Carribe, sia assolutamente da sconsigliare; in realtà non è così e Gran Cayman è visitata ogni stagione da diverse imbarcazioni a vela.
Le isole sono, infatti, situate in una posizione strategica per diverse rotte: distano 140 miglia da Cuba (Cayo Largo) - 210 dalla Jamaica (Montego Bay) – 300 dalle Isole della Bahia (Guanaja) – 450 dalla foce del Rio Dulce in Guatemala, 350 dalla preziosa isola di Providencia e 500 da Panama.
A dispetto di quanto si possa credere la sosta risulta meno costosa rispetto a diverse altre destinazioni limitrofe apparentemente più economiche, infatti le pratiche d'ingresso ( le clarence) sono completamente gratuite, come pure l'ormeggio a una delle boe (sette in totale), guai dare ancora, è assolutamente vietato e farlo può costare una multa di diverse migliaia di dollari!

Anche a terra, dal punto di vista economico, occorre stare molto attenti a cosa si fa, sebbene una visita al grande supermercato Kirk, pieno di ogni ben di dio, nonostante i costi stratosferici, sia gratificante, in particolare provenendo da Cuba!
La rada di George Town offre un buon ridosso dai venti settentrionali, rimane sicura, ma molto scomoda con quelli compresi tra Est e Sud Est, e assolutamente intenibile con i venti meridionali; tutt'altro che infrequenti al cambio tra stagione invernale ed estiva.
Nel 2012, fummo sorpresi a George Town, da una prematura tempesta tropicale; il Port Security, ci intimò di lasciare l'ormeggio e passammo una notte intera alla cappa a ridosso della costa Ovest sopportando piogge torrenziali e forti venti fino a che la mattina dopo ci fu indicata una boa di un Diving dove rimanemmo per tre giorni attendendo che la buriana terminasse e ci dessero il permesso di rientrare in porto.

Al nostro ritorno il porto aveva un aspetto desolante, la spiaggia su cui sbracavamo, normalmente gremita da piccole imbarcazioni, era deserta e anche ridotta in dimensioni!
L'isola di Gran Cayman dispone di un buon ridosso dai venti meridionali nella grande laguna che si apre sulla costa settentrionale e al cui interno si trovano diversi Marina, purtroppo l'accesso, e tutta la laguna, hanno fondali molto bassi e sono praticabili solo da imbarcazioni a vela con deriva mobile, catamarani e barche a motore. Tuttavia nel caso si preannuncino uragani, molte barche lasciano Gran Cayman per rifugiarsi nella meglio protetta baia di Cienfuegos a Cuba.







domenica 20 settembre 2015

È LEI IL VELISTA?

«È lei il velista?».
Così mi sono sentito apostrofare da un giovane visitatore, mentre ero alla Fiera del Libro di Como, vicino a una mia grande foto che annunciava l'imminente inizio della presentazione del mio ultimo libro; la foto con barba lunga, cappellino di lana, pipa tra i denti, e i miei libri di mare esposti, rendevano evidente che il giovane interlocutore m'individuava in modo inequivocabile come appartenente alla categoria dei velisti.
Non ho potuto naturalmente che cogliere la palla al balzo e stupirlo non poco asserendo che io non mi ritenevo per nulla un velista; lui sul momento è rimasto senza parole poi subito si è ripreso e prendendo in mano uno dei libri esposti:
«Però è lei che ha scritto questi libri che parlano di viaggi con una barca a vela...». 
Senza volerlo il mio nuovo amico aveva compreso già la risposta nella sua domanda dandomi così l'occasione di spiegargli che per l'appunto scrivo libri di viaggi in barca a vela, quindi per prima cosa viaggio e  lo faccio utilizzando una barca a vela; la barca  è quindi per me un mezzo che mi permette di fare delle altre cose che sono il mio principale interesse. 
Risalendo il Rio Grande do Sul - Brasile

 Per il velista, invece spesso l'interesse principale sta proprio nel mezzo stesso; nella cura della sua conduzione per ottenere il massimo delle prestazioni, e anche nell'amore quasi esclusivo per la barca medesima.  Naturalmente, ho proseguito, pure io apprezzo la barca a vela in se; la curo con attenzione e cerco d'ottenerne le prestazioni più vantaggiose al fine di giungere  in sicurezza alla meta stabilita, perché appunto la barca deve potermi portare con facilità in qualsiasi luogo io desideri recarmi e anche ospitarmi con il dovuto comfort nelle lunghe soste che fanno sempre parte integrante d'ogni viaggio.
Nei canali delle Sanblas - Panama.

Avrei potuto aggiungere anche che il velista non perde nessuna occasione per comunicare a tutti la sua esclusiva situazione, vestendosi come se dovesse fare una regata anche se si trova saldamente a terra, e avrei potuto portare alcuni lampanti e visibili esempi che s'aggiravano per gli stand della fiera in quello stesso momento, ma me ne sono astenuto.
Il mio interlocutore rimase di certo colpito dalle mie argomentazioni, infatti,  subito a sua volta mi ha sorpreso con quest' arguta risposta: 
« Sa che forse ha ragione, in effetti uno che viaggia in terno non è di certo un trenista!».
Interessante considerazione, anche se si potrebbe obbiettare che nell'accezione comune  un ciclista è un tipo che va in bicicletta, un automobilista uno che va in automobile, quindi un velista uno che semplicemente va in barca a vela, ma è anche vero che un pilota d'aereo non è un areoplanista, e un comandante di nave non è un navista, quindi non vedo proprio perché chi viaggia con una barca a vela debba per forza di cose essere un velista!

mercoledì 27 maggio 2015

Barche da diporto o navi stellari?


Quante barche in giro per il mondo!
Il numero di barche a vela da diporto che solca i diversi oceani e mari del mondo è in costante  aumento, infatti,  sembra quasi che giunti a una certa età, ossia quella della pensione, divenga per molti diportisti e naviganti, una necessità quasi imprescindibile lasciare le note acque di casa per lanciarsi in avventure esotiche. 
Tutto ciò in se è di certo una cosa buona; il desiderio di solcare mari lontani, di conoscere nuovi luoghi e genti differenti è stato, infatti, uno dei motori che hanno spinto i grandi esploratori del passato in avventure senza le quali la conoscenza del mondo non sarebbe progredita.
I loro moderni emuli di certo non hanno però più nulla da scoprire, tutto ormai è già noto ed esplorato, ma questo non blocca il desiderio di visitare luoghi diversi da quelli abituali, ogni nuovo approdo rappresenterà sempre per ciascuno un emozionante scoperta, che rimarrà però, circoscritta al proprio ambito personale.
Succede così che per cercare d'avvicinarsi il più possibile alla sensazione di una genuina primizia, molti navigatori decidono di recarsi in qui luoghi che immaginano ancora naturali e capaci di restituire l'immagine di un effettiva scoperta.
Purtroppo i luoghi di questo tipo sono ormai divenuti molto rari, poiché molti, che apparentemente sembrerebbero essere ancora un paradiso naturale, sono in realtà già stati contaminati dall'invasione turistica, si sono massificati e sono divenuti praticamente eguali a tanti altri loro simili sparsi in diversi angoli del globo.
Nel bacino Caraibico un esempio tipico è tutta la catena delle Piccole Antille, per intenderci le isole che vanno da Trinidad a sud alle Virgin Island a nord; che si sono ormai trasformate in un unico grande villaggio turistico, in una sorta di Disneyland del colore tropicale in cui illudersi di poter ricercare il “buon selvaggio”.


Grande ulu a puerto Escosese - Sanblas

L'arcipelago delle Sanblas e il Rio Dulce.
Nel bacino Caraibico, che è divenuto molto più vicino di quanto non lo fosse alcuni decenni fa, si possono trovare ancora alcune localizzazioni rimaste leggermente a margine dall'invasione turistica, come l'arcipelago delle Sanblas, dove l'etnia Kuna cerca gelosamente di custodire la propria  cultura e identità difendendola, appunto, dall'invasione della modernità; altre, ma ormai già molto più contaminiate sono le Islas de la Bahia dell'Honduras, la breve costa del Belize e il Rio Dulce in Guatemala, quest'ultimo in particolare conserva alcuni aspetti di una discreta originalità. 
Questi posti stanno divenendo sempre di più affollati, e la relativa vicinanza al Nordamerica facilità l'invasione di numerosi naviganti provenienti da queste regioni, naviganti che nella maggior parte dei casi non hanno intrapreso lunghe e impegnative traversate atlantiche, ma vi sono arrivati percorrendo rotte relativamente facili e battute; il  GPS e i moderni aiuti meccanici alle manovre hanno, infatti, ormai reso possibile la navigazione praticamente a chiunque.
Ci si deve, però domandare che impatto abbiano le ormai centinaia di barche che annualmente approdano tra le isole della Comarca Kuna Yala, o che risalgono il sinuoso corso del Rio Dulce in Guatemala per entrare nel cuore di quello che resta dell'etnia Maya, e mi riferisco principalmente a queste due regioni, sia perché ho avuto modo di conoscerne bene e approfondirne la realtà, sia perché sono quelle che stanno subendo in modo maggiore, e più pericoloso, l'aggressione da parte degli alieni che discendono in queste terre sulle loro "navi stellari a vela".

Sloop di pescatori del Belize e nave stellare
Non a caso ho usato il termine navi stellari a vela per indicare le comuni barche da diporto, infatti, per un semplice pescatore Kuna che si sposta con il suo primitivo ulu (piccola canoa ricavata da un tronco d'albero), e vive in una capanna con pareti fatte di pali di bambù, una barca  è quello che per noi sarebbe una nave stellare che atterrasse nel nostro cortile di casa, e noi gli appariamo come creature aliene, esattamente come sembrerebbero a noi le creature che sbarcassero dall'astronave!


Piccolo ulu a vela Lemmon kay - Sanblas
È raro che si possa stabilire una profonda corrente di comprensione tra chi sbarca dall'astronave e il pescatore Kuna, o quello Maya che vive sulle sponde della Lagua Duarte sul Rio Dulce; i contatti tra noi “alieni” e le popolazioni locali, finiranno quasi sempre per limitarsi a qualche scambio di battute per concludere a una semplice transazione commerciale, l'acquisto di un pesce alle Sanblas o di una tortilla sul Rio Dulce, troppo distanti sono, infatti, i rispettivi modi di pensare, e il contatto non viene facilitato dal fatto che i naviganti-diportisti se ne stiano isolati sulle loro astronavi, quasi fossero in una fortezza rispetto alle fragili canoe dei nativi.
Si contano ormai a centinaia le barche a vela che ogni anno navigano in queste acque, e in molti casi, come accade sul Rio Dulce, non si limitano a un breve passaggio stagionale, ma si trasformano in stanziali e si fermano tutto l'anno, e questa massiccia presenza non può che avere importanti conseguenze sull'ambiente e sulla cultura locali.
Alle Sanblas, si vedono, ad esempio ogni anno sempre meno ulu a vela e sempre più spesso grandi canoe spinte da potenti motori fuori bordo, imbarcazioni che invece di servire per la pesca o per spostarsi tra un isola e l'altra, sono impiegate per portare turisti agli improvvisati resort che stanno vieppiù sorgendo su diverse piccole isole.

Grande canoa a motore isla de los Pinos - Sanblas
Il contatto con il mondo moderno, di cui il popolo dei naviganti è stato il pioniere e ancora ne rappresenta la parte numericamente maggiore e a più forte impatto  - i naviganti si fermano, infatti, sempre molto più a lungo dei turisti terricoli, sta di fatto lentamente e inesorabilmente modificando i comportamenti delle popolazioni locali. 


Acquisto di frutta, Lagua Duarte - Rio Dulce
I giovani sono naturalmente più soggetti a subire gli effetti del cambiamento, rispetto agli anziani, che tendono per natura tendono a essere conservatori e a voler rimanere fedeli alle loro millenarie tradizioni; i giovani invece si fanno più facilmente sedurre dalle mirabolanti novità che vedono a bordo delle navi stellari a vela, tutte cose distanti dalla loro cultura e per la loro economia quasi sempre irraggiungibili.
Sul Rio Dulce la situazione è già molto più compromessa, anni di presenza massiccia di barche da diporto hanno, infatti, quasi cancellato la genuinità della cultura locale della popolazione Maya, almeno per quella parte che lasciati i lavori agricoli, loro tradizionale occupazione, si è trasferita sulle rive del Rio Dulce e del lago Izabal, vivendo quindi a più stretto contatto con gli stranieri. 
I rapporti tra “alieni” e locali qui sono resi più facili dal fatto che tutti i Maya parlano la lingua spagnola, mentre tra i Kuna sono solo i maschi a farlo e poco, ma la maggiore facilità di contatto contribuisce di più alla contaminazione e all'assunzione, da parte dei locali, di astuti comportamenti tesi a sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla presenza di tanti ricchi turisti.

Rifiuti e relitti.
Un altro aspetto non trascurabile degli effetti provocati dalla massiccia presenza di barche a vela è l'impatto ambientale, infatti, tante barche significano molte persone con abitudini di vita consumistiche, che per quanto gli equipaggi cerchino spesso di limitarle, sono enormemente più significative di quelle dei locali.
Ogni barca produce una quantità di rifiuti non degradabili, enormemente maggiore di quanto non facciano i più parchi consumi delle popolazioni locali, e questo si traduce in grandi quantitativi di rifiuti difficilmente smaltibili, sul Rio Dulce, una grande lancia passa in tutti i marina a raccogliere i rifiuti, in questo modo tutti hanno la coscienza tranquilla e non pensano più a che fine faranno i loro rifiuti; peccato che poi questi vengano bruciati in una località della costa della baia di Amatique, producendo densi nuvoloni carichi di diossina!
Alle Sanblas, gli accorti naviganti cercano di disperdere in mare  o di bruciare tutto quello che è degradabile, conservando il resto: bottiglie di plastica, lattine d'alluminio, scatolette in ferro, ecc..., per scaricarlo poi su una delle isole maggiori, ma anche in questo caso non di certo questi rifiuti faranno una fine ecologica!


Relitti alle Sanblas
Il problema diventa molto più pesante, quando alcuni diportisti si “dimenticano” qualche nave spaziale a vela arenata su una spiaggia o incagliata in un reef; relitti che non verranno mai recuperati, e il nudo guscio di vetroresina, dopo essere stato spogliato dai Kuna di qualsiasi cosa utile, rimarrà per un tempo infinito a inquinare il luogo.
Con tutto questo non voglio certo dire che non si debba più navigare per raggiungere isole apparentemente incantate, chi lo fa deve però avere la consapevolezza che ogni suo arrivo aggiungerà un piccolo tassello all'inevitabile cambiamento sia delle abitudini di chi le vive, sia del paesaggio fisico.